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Le decisioni della vita

Titolo Le decisioni della nostra vita Autore Francies M. Morrone Genere Romanzo Editor Il seme bianco Pagine 225

Trama Sarah e Mitch in comune hanno solo l'età, diciannove anni. Per il resto, sono una l'opposto dell'altro: Sarah, giudiziosa e responsabile, ha un chiaro progetto ti vita, mentre il ribelle Mitch per il momento preferisce non pensare al futuro, divertendosi a suonare insieme alla sua rock band. I loro destini si incrociano per caso. Se all'inizio i due ragazzi provano una forte antipatia reciproca, col passare del tempo, allacciano, quasi inconsapevolmente, un profondo legame di complicità e amicizia, che porterà entrambi a scoprire la propria vera identità Una storia romantica e avvincente, che evidenzia il potere epifanico dell'amore e invita ad ascoltare se stessi prima di affrontare le scelte della vita. Biografia Francies M. Morrone ha vissuto in Italia, suo paese d'origine, fino all'età di diciotto anni. Si è diplomato presso l'Istituto psico-pedagogico e, dopo aver concluso gli studi, ha deciso di trasferirsi all'estero e viaggiare per il mondo: in Australia, Francia, Nuova Zelanda e Regno Unito. Durante i suoi numerosi viaggi ha continuato a coltivare la passione per la scrittura. Recensione

«Non è paura la mia, è solo voler avere il controllo della mia vita. [...] Voglio essere sicuro di realizzare i miei sogni, non quelli di altre persone, questo credo sia il fallimento peggiore: arrivare a un certo punto e capire di aver inseguito il sogno di qualcun altro, invece che il tuo. Tutto qui.»

Inizio con il dirvi che questo libro, secondo me, va valutato da due prospettive differenti: la storia e la forma. Se prendo in esame la storia che viene narrata allora vi posso garantire che mi è piaciuta un sacco. Tanto per cominciare, l'autore racconta quanto non è solo difficile iniziare a prendere le proprie decisioni autonomamente raggiunta la maggiore età ma, soprattutto, quanto spesso siamo condizionati nelle nostre scelte. Il nostro "condizionamento" spesso avviene anche in forma indiretta, ad esempio ci basiamo "cosa mi direbbe mia madre? Cosa farebbe mio padre al mio posto?" e così via. Di questa condizione è "vittima" la protagonista Sarah mentre vale l'opposto per Mitch. Il protagonista maschile invece sembra affetto dalla sindrome del "Bastian contrario", mentre a Sarah viene suggerito/detto cosa fare per Mitch è troppo ovvia la strada da percorrere perciò decide di fare l'esatto opposto. Questo suo atteggiamento è, probabilmente, causato anche da una forma di insicurezza personale. Dunque, abbiamo due protagonisti psicologicamente complessi ma veramente caratterizzati molto bene. Non si fa alcuna fatica nel comprenderli, anzi. Ovviamente con loro c'è un gruppo di amici e entrambi hanno una famiglia alle spalle. Mi duole dirlo ma alcuni personaggi, di secondo ordine per così dire, non hanno senso di esistere perché non hanno portato nulla né alla storia ne, tanto meno, alla crescita di Mitch e Sarah. Passiamo alla forma adesso perché è qui che incontriamo le lacune più grandi. Inanzi a tutto, il libro si presenta come un ricordo. Sarah sta per raccontare alla madre come ha conosciuto Mitch ma la forma poi subisce un cambio drastico. La terza persona ci sta anche (personalmente la apprezzo solo nella narrativa ma sono scelte personali) ma il pov alternato non lo trovo adatto in quanto, appunto come vi dicevo, doveva essere Sarah a raccontare quanto è accaduto durante la sua ultima vacanza. Dopo torneremo sul pov ma prima parliamo dello stile che, ahimè, è ripetitivo. Frasi lunghissime con un numero infinito di virgole che rendono la lettura a singhiozzi. Ma l'aspetto che mi ha delusa di più è l'incertezza che trasmette. Il continuo uso di "forse, magari, probabilmente, credo, ecc..." oltre alle frasi tipo "le ragazze misurarono due o tre vestiti", "i ragazzi ascoltarono quattro o cinque CD" mettono un ansia e un insicurezza al lettore, indescrivibile (almeno per me è così). Questo, sempre a mio personale parere, denota anche un insicurezza da parte dello scrittore. Tornando al pov alternato, ad un certo punto compare Abraham, che dice la sua. Di quello che li accade nel corso della vita ripercorrendo il proprio passato. Peccato che, a mio parere, è completamente sconnesso con la storia di Sarah e Mitch. È un parente di Sarah che, indubbiamente, ha avuto un ruolo importante nella vita della ragazza ma così com'è stato contestualizzato non ha senso. Bastava che fosse Sarah a raccontare attraverso i propri ricordi i momenti più importanti nei quali era presente Abraham e che hanno contribuito alla sua crescita. Quella che è sbagliato non è la storia di Abraham, che rientra comunque nel discorso delle scelte di vita, ma il modo in cui l'autore ha deciso di presentarlo e renderlo partecipe in questo libro. Quindi, tirando le somme, la storia merita di essere letta per il contenuto in quanto alla forma, mi dispiace ma ne sono rimasta delusa e confusa. Vi lascio con una frase che l'autore stesso ha scritto nel proprio libro e che io mi permetto di dedico a mia volta all'autore perché esprime esattamente ciò che penso:

«Mi ha trasmesso un gran sentimento, ma, allo stesso tempo, è come se non dessi completamente libero sfogo alle tue emozioni. Come se fossi bloccata, e non dessi libertà alla tua creatività. Ricorda che non lo fai per nessun altro se non per te stessa, per prima cosa».

Il punto è proprio questo! E credo proprio che si trattava della paura del giudizio degli "altri" che lo ha portato a commettere qualche eccesso. La paura che non fosse compreso lo ha portato a scrivere frasi molto prolisse ed eccessivamente descrittive. Voto ✓✓,5 @libera_di_leggere

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